La Vespa, scooter messo sul mercato dalla Piaggio nel 1946, ha avuto una rapida e duratura ascesa tra i prodotti della rinascita post-bellica. Ideato da Enrico Piaggio con la collaborazione di Corradino D'Ascanio esso rappresenta uno dei più rappresentativi prodotti del made in Italy. L'eccellenza progettuale di questa invenzione e il valore che essa ha assunto nella storia del design sono stati sottolineati da molteplici esposizioni e pubblicazioni.
Se, come pare, il nome stesso dello scooter gli fu assegnato dal costruttore, Enrico Piaggio, notando la somiglianza del prototipo all'insetto, la Vespa, più o meno consapevolmente, sembra inevitabilmente produrre sempre delle associazioni ad altro da sé. Ispirandosi alla concettualizzazione surrealista degli oggetti e alla celebre espressione impiegata dall'architetto Le Corbusier per definire gli elementi che nutrivano le sue creazioni – "objects à reaction poetique" – vale rendere conto principalmente di queste qualità immaginative della Vespa, la cui vicenda è legata tanto alla riconversione industriale quanto alla storia della comunicazione, della pubblicità, dell'immaginario, del costume, del paesaggio, della mobilità, dell'apertura verso i mercati internazionali.
Anziché illustrare cosa è la Vespa (uno scooter, un prodotto industriale, ecc.), vale restituire il suo carattere di oggetto non indifferente. Il suo essere qualcosa (un veicolo, un simbolo, ecc.) di fronte al quale nessun luogo sembra restare neutro, e questo a partire da due caratteristiche fondamentali del prodotto: il suo essere eminentemente urbano ed il suo essere inequivocabilmente moderno. Inserita in contesti (sociali, culturali, etnici) differenti, la Vespa produce fenomeni e comportamenti sempre diversi e inattesi, che ne evidenziano tanto i valori di fenomeno globale, quanto ne confermano l'identità di produzione italiana, volta a trasmettere non solo una merce ma anche un modo di vita. In altre parole una figura rivelatrice della cultura urbana e delle sue infinite differenze... Un "object à reaction urbaine"! (*).
BREVETTO DELLA VESPA 1945
TECNICA
Caratteristica saliente dell'invenzione Vespa è la scocca portante in lamiera d'acciaio (con saldatura elettrica per punti di concezione automobilistica) che ingloba la forcella monotubo anteriore con ruota a sbalzo (di derivazione aeronautica). In altri termini telaio e carrozzeria coincidono, distinguendo immediatamente la Vespa Piaggio dalla motocicletta (in cui è presente la catena di trasmissione, il motore è in vista ed è sostenuto, come gli altri elementi da una struttura tubolare) e dai precedenti scooter dai quali più o meno direttamente prende ispirazione (le piccole moto delle truppe aviotrasportate anglo- americane Cushmann, Welbike, ecc., alle quale si ispira ed è molto più vicina la "rivale" Lambretta Innocenti).
Il progetto Vespa muove da un'ipotesi di comfort più spinto della motocicletta e soddisfa quello che si potrebbe definire una sorta di "design necessario". È l'idea della poltrona con le ruote, della sedia di casa montata su un motore che consente di spostarla senza alzarsi, con aggiunta la ruota davanti per sterzare e una pedana su cui poggiare i piedi. Da questi dati di base comincia la "reazione"! In questo senso la Vespa rappresenta anche un'uscita dal "domestico" e la misura di una scala urbana, vera e propria antropometria, dell'uomo in un contesto urbano. La Vespa serve per andare da una via all'altra, da un quartiere all'altro, e comporta una visione dal basso scarsamente congestionata, più dinamica e vivace dell'automobile e apparentemente priva di vincoli di parcheggio dati da questa. Mezzo prettamente non extra-urbano, la Vespa si oppone dunque all'automobile che serve per andare da una città all'altra. Che poi l'utilizzo della Vespa si sia esteso anche al di fuori della città – dalle gite fuori porta ai raid dei Vespa Club – potrebbe essere interpretato non solo come un ulteriore esito della bontà dell'invenzione, ma forse anche oltre un esito del cambiamento stesso nel frattempo avvenuto della stessa città contemporanea.
PIAGGIO MP6 1946
UBIQUITÀ
La Vespa, questa icona del moderno, è identificata con il sogno collettivo del trasporto individuale autonomo promesso dall'avvento della motorizzazione di massa. Ma la Vespa, per le sue dimensioni, per le capacità di superare ogni congestionamento del traffico, va oltre l'automobile. Non solo le sue forme e le sue caratteristiche tecniche esprimono la popolarizzazione dell'idea eroica del volo, ma essa esprime la stessa immagine di possibilità di spostarsi senza vincoli dell'elicottero... Ed infatti, con questo mezzo la Vespa condivide il medesimo inventore, l'abruzzese Corradino D'Ascanio, tra i primi a brevettare e a far volare dei prototipi di veicoli a pale.
Il desiderio dal quale la Vespa scaturisce pare dunque lo stesso: quello dell'ubiquità, dell'essere-dovunque in un'epoca segnata dall'individualismo, della libertà assoluta di movimento e di abitazione, di una domesticità estesa ovunque, espresso da molte avanguardie. Su questo piano, che potremmo anche chiamare del "tappeto volante", di fatto la Vespa precede il boom dell'utilitaria e, quello più recente, dei molti veicoli di dimensioni ridotte (dalla Mini alla Smart). Un desiderio che i maestri del "moderno" immaginano già durante la crisi degli anni Trenta nei loro disegni per città del futuro (la Broadacre City di Frank Lloyd Wright) e cercheranno di realizzare in quegli stessi anni in cui la Vespa comincia ad essere commercializzata (i progetti di Le Corbusier per il Palazzo delle Nazioni Unite).
Poster Villemot 1954
RICOSTRUZIONE
La Vespa nasce dalle ceneri del secondo conflitto mondiale (i primi disegni della cosiddetta Paperino, ancora una moto, e senza il contributo di D'Ascanio, sono datati 23 aprile 1945, vale a dire due giorni prima della fine del conflitto). Oggetto del dopoguerra, essa è un concentrato della cultura costruttiva nazionale, fino a diventare un simbolo emblematico dell'orgogliosa "inventiva" della riconversione industriale, che vede la Piaggio passare dalla produzione dei più grandi bombardieri fascisti a quella di un minuscolo veicolo popolare, sostenuta dei finanziamenti del Piano Marshall.
Ciò specifica un primo immaginario associabile alla Vespa, quello della produzione industriale e materiale piuttosto che quello dell'oggetto d'uso. L'idea di una ricostruzione sociale che si giustificata anche nel fatto che alla fine della guerra la campagna si spopola, e la popolazione si concentra sempre più in città. La Vespa fiorisce anche dall'esigenza di motorizzare gli italiani, che sono ancora troppo poveri per potersi permettere l'automobile, la loro Ford T. Post-fascista, in quanto accentua la mobilità repressa dal regime, la Vespa non è giudicata però per lungo tempo strumento di emancipazione delle masse, per le aspirazioni materiali e consumistiche che essa implica. Non a caso è la più industriale, meno estetica, militare e militante Lambretta ad essere caricata del valore di mezzo operaio e di sinistra.
Nata per essere un veicolo economico facile da gestire più ancora che da acquistare, la Vespa è stata e continua ad essere, fuori di un'Italia che ha nel frattempo elevato i propri standard di vita, come un mezzo che non si getta mai, ma può sempre essere riparato o trasformato in altro.
PAPERINO 1943
SPREZZATURA
La Vespa esprime, quale indiscutibile surplus alle praticità e funzionalità d'uso, un'idea di eleganza diffusa. Agli antipodi della bicicletta futurista, la sua forma applica recupera lo streamline che già si era affermato, grazie a designer come Loewy e Geddes, alla World Fair di New York del 1939 e nella quale aveva fatto la sua comparsa anche la televisione. Design al tempo stesso bloccato e diffuso dalla guerra e dai bombardieri.
A questa affermazione di stile la Vespa associa però qualcosa d'altro, la riconversione dello streamline in oggetto popolare e simbolo "moderno" di rinascita ed emancipazione, vale a dire un'idea di sobrio progresso, reso elegante e accessibile, che è un segno distintivo del design italiano. Tali aspetti, associati ad una radicalizzazione dell'interpretazione della Vespa come antagonista della motocicletta sarà all'origine, all'inizio degli anni Sessanta, anche al sorprendente fenomeno dei Mods. Nato in Gran Bretagna nel momento di affermazione delle mode giovanili, tale espressione di stile musicale, di costume, di modo di vita, rappresenterà la volontà di affermare un eleganza prettamente "moderna" e nata dalle classi popolari. La ripresa dei questo stesso stile, alla metà degli anni Ottanta, diventerà invece a sua volta forse la prima espressione della ciclicità dei fenomeni di moda ed annuncerà la rivalutazione nostalgica del passato e delle sue icone da parte di società povere una volta raggiunta l'opulenza oggi tanto presente.
Vespa 125 1949
FEMMINEO
La risposta progettuale originale della Vespa prende spunto dalla bicicletta da donna, sgombrando lo spazio tra seduta e manubrio solitamente occupato, nelle motociclette tradizionali, dal sistema telaio-serbatoio-motore. La Vespa è l'unico mezzo di trasporto a due ruote in cui è pratico vestire le gonne... In quanto antitesi della moto, la Vespa è simbolo di equità tra generi. Su questo piano essa è, ancora di più, l'antitesi della bicicletta. Idealmente infatti la Vespa si oppone alla "fatica". Esteticamente gradevole, non richiede alcuna applicazione della spinta muscolare. La ventilazione asciuga il sudore e consente di guadagnare tempo per praticare, eventualmente, lo sport come diletto e non come sforzo. Essa implica uno "stare in forma" che esclude l'anti-estetico abbigliamento sportivo e nega la necessità di un corpo standardizzato. Affermatasi nell'epoca d'oro del ciclismo su strada, durante la rivalità tra Fausto Coppi e Gino Bartali (ma anche dell'Oscar a Ladri di Biciclette), la Vespa con scudo, parafango e carenature proteggeva – almeno parzialmente – dalla polvere e dai disagi delle strade urbane ed extraurbane. Soluzioni che innovative non presenti nelle Auto-Fauteil francesi di inizio Novecento e negli esclusivi scooter per i campi da golf e i parchi delle ville hollywoodiane degli anni Venti e Trenta.
"Rotonda", leggera, anti-aggressiva, anti-eroica, pensata per non fare fatica, con un baricentro basso e facilmente manovrabile, la Vespa esprime una pratica del movimento urbano che si oppone al mito maschile della velocità, del superamento e del record, nella quale anche stare seduti, parcheggiati o meno sul doppio cavalletto, trasforma un "oggetto di moto" in un "oggetto di sosta", una "panchina" sulla quali chiacchierare, leggere il giornale e... perché no? Accoppiarsi.
Adv Vespa 1954
ALTROVE GLOBALE
Vi sono pochi altri prodotti italiani come la Vespa ad aver avuto una penetrazione di mercato così universale. Non solo la Vespa – e la sua felice estensione a tre ruote Ape Car – è un oggetto esportato ovunque, ma essa ha avuto e continua ad avere numerosissimi tentativi di imitazione e licenze di produzione all'estero (dall'India, al Vietnam, agli Stati Uniti). A fronte di un oggetto che nel panorama globale resta sostanzialmente inalterato, si assiste ad innumerevoli mutamenti dello status sociale che il suo utilizzo, possesso ed esibizione manifesta e restituisce (i quali, a loro volta, provocano straordinarie modifiche dell'oggetto). Dove domina il benessere la Vespa ridiventa un oggetto di design di culto, dove il benessere non c'è la Vespa diventa un oggetto comodo per lavorare, di basso costo e bassa gestione, praticamente indistruttibile e facilmente riparabile.
Se nella popolosa India la Vespa e l'Ape Car rappresentano tuttora l'unico mezzo di lavoro per le masse -confermando di fatto le condizioni di origine del prodotto alla fine della Seconda Guerra Mondiale-, inversamente i modelli su licenza indiana rappresentano in Italia oggi preziosi pezzi da collezionisti.
Se nella Montreal un tempo dei "motard" la Vespa sembra oggi il mezzo preferito dalle ragazze, a New York essa appare un microbo stradale utilizzato a scopo elitario dagli yuppies, laddove a Seattle e Vancouver -nonostante la pioggia- viene esibita come un'icona di del green Nothern-East style of life.
Se in Vietnam la Vespa Piaggio – e solo lei – rappresenta un mezzo ambitissimo, riservato in modo esclusivo ai figli dei nuovi arricchiti, a Parigi esprime originalità e a Milano, infine, esprime complesse qualità che si riformulano e dialogano in continuo con la scelta di acquistare mega-scooter giapponesi, enduro desertici o naked Ducati.
APE 1947 - MUSEO PIAGGIO
(*) Vespa. object (à reaction) urbaine era il titolo della grande esposizione, realizzata in Canada in occasione dei 60 anni di Vespa, all’Istituto italiano di cultura di Montreal, nel giugno 2006. Mostra a cura di Roberto Zancan, organizzata con il Consolato Generale d'Italia a Montreal e la collaborazione della Fondazione Piaggio